Scrittori e regali
Da Franzen a King, perché per uno scrittore il regalo migliore non è un dono, ma una trama
Scrittori e regali
Da Franzen a King, perché per uno scrittore il regalo migliore non è un dono, ma una trama.
Ammettiamolo: fare un regalo a uno scrittore è un incubo logistico ed emotivo. Cosa compri a qualcuno il cui mestiere è rimanere seduto in una stanza, giudicare l'umanità (spesso inclusa la tua) e trasformare ogni minima interazione in "materiale"?
Non vogliono una sciarpa di cachemire. Non vogliono un set di coltelli da formaggio. Vogliono cose che possano essere metabolizzate dal loro ego, trasformate in prosa sofferta o, nel migliore dei casi, utilizzate come attrezzi di scena nella grande performance della loro vita letteraria.
Analizzando le confessioni di alcuni luminari, emerge un quadro chiaro: per uno scrittore, un regalo non è un regalo. È un simbolo. O una transazione. O, meglio ancora, un trauma.
Il Regalo Transazionale (con necrologio annesso)
Prendiamo Jonathan Franzen, il celebrato romanziere americano autore di bestseller come Le correzioni, noto per i suoi complessi e spesso impietosi ritratti della famiglia moderna. I suoi genitori, a quanto pare, gli hanno fatto i regali migliori.
Prima, un dizionario con dedica passivo-aggressiva della madre ("Scrivi, scrivi... E, si spera, pubblica, pubblica!"). Sua madre era una "Figlia della Depressione", cresciuta cioè durante la crisi economica degli anni '30, e per lei scrivere sembrava un'attività "moralmente dubbia" e "finanziariamente sconsiderata". Il regalo era, in pratica, un augurio misto a un avvertimento: "Smettila di perdere tempo e trova un lavoro vero".
Poi, un assegno da 600 dollari dal padre per una macchina da scrivere elettrica, perché il povero Jonathan aveva prodotto 1.200 pagine di bozza.
Ma il vero capolavoro del dono, secondo Franzen, è arrivato dopo: la loro morte.
"È stata una perdita da cui non mi riprenderò mai veramente. Ma mi ha anche liberato di essere chi dovevo essere... senza paura di ferirli o di incorrere nel loro giudizio morale. ... persino le loro morti sono state una sorta di regalo".
Eccolo. Dimenticate il dizionario. Il regalo definitivo per uno scrittore è la dipartita dei genitori, che finalmente rimuove l'ansia da prestazione e libera il flusso creativo (e le critiche alla famiglia). È terribilmente triste e incredibilmente pratico.
Il Regalo come Specchio (dell'Ego)
A volte, il regalo migliore è semplicemente un riflesso della grandezza del destinatario.
Prendiamo Ken Burns, il regista americano famoso per i suoi lunghissimi e solenni documentari sulla storia degli Stati Uniti, dalla Guerra Civile al baseball. Il suo "miglior regalo di sempre"? Sua figlia dodicenne che, la mattina di Natale, invece di scartare "tutte le cose ora senza significato" (tipo i giocattoli), si è messa sull'attenti e ha recitato a memoria il Discorso di Gettysburg.
Per chi non lo sapesse, si tratta del brevissimo ma fondamentale discorso tenuto da Abraham Lincoln nel 1863, considerato uno dei pilastri della retorica e dell'identità americana. È difficile immaginare una scena più... alla Ken Burns. Non un regalo per lui, ma una performance su di lui, un mini-documentario vivente accanto all'albero.
Sulla stessa linea, Stephen King, il re indiscusso dell'horror e del thriller, autore di It e Shining. Cosa regali all'uomo che ha tutto (e probabilmente ha già scritto un finale horror per ogni oggetto)? Semplice: il merchandising del suo stesso lavoro. Il regista Frank Darabont gli ha regalato un poster di Gilda, un vecchio film con Rita Hayworth. Perché? Perché Darabont ha diretto Le ali della libertà, uno dei film più amati di sempre, basato proprio su un racconto di King intitolato Rita Hayworth and Shawshank Redemption. Non è un regalo, è una nota a piè di pagina incorniciata; un grazioso promemoria della loro proficua collaborazione.
Il Regalo come Trauma Riciclato
Poi c'è il regalo che serve a sbloccare vecchi drammi, il preferito della scrittrice confessionale.
Anne Lamott, autrice americana nota per i suoi libri profondamente personali su fede, recupero e maternità, ne è l'esempio perfetto. Ci dice che il suo brivido magico proviene da un anello. Ma non un anello nuovo. È il suo anello da bambina, che sua zia le diede, che sua madre "tenne per sé" (leggi: confiscò) e che infine le ha restituito quando lei, la Lamott, aveva 67 anni, otto mesi prima di morire.
Il regalo, quindi, è la restituzione di un bene precedentemente trattenuto, decenni dopo, sul letto di morte. "Riesco a rinascere", dice lei. Altri la chiamerebbero "psicodramma", ma per uno scrittore è oro puro.
Infine, J.K. Rowling, la creatrice miliardaria di Harry Potter. Il suo libro preferito d'infanzia, The Little White Horse di Elizabeth Goudge. Perché? Perché l'eroina era "semplice" (leggi: bruttina) come lei. Il regalo non è nemmeno l'oggetto, ma il riconoscimento. La validazione, ricevuta da bambina, di non essere "incredibilmente bella" e di poter essere comunque la protagonista di una storia.
Decodificare la Lista dei Desideri
L'analisi di questi esempi mostra che i regali migliori per gli scrittori sono quelli che "supportano la loro vocazione" o hanno un "profondo significato emotivo".
Traduzione disincantata:
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Supporto alla vocazione: Attrezzi (una macchina da scrivere) o eventi liberatori (un funerale).
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Profondo significato emotivo: Vecchi oggetti carichi di drammi familiari irrisolti (l'anello di Lamott).
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Connessioni personali: Persone care che riflettono i tuoi interessi (la figlia di Burns che recita Lincoln).
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Collaborazioni creative: Cimeli che ti ricordano quanto sei bravo (il poster di King).
In breve, non state comprando un oggetto. State fornendo materiale narrativo. State alimentando il motore dell'auto-analisi. Se volete davvero fare felice uno scrittore, non regalategli qualcosa di bello. Regalategli qualcosa su cui possa scrivere.